Sentieri selvaggi (The Searchers) part. 1
Particolare della mostra Sentieri selvaggi (Rhe Searchers) inaugurata domenica 19 maggio e in corso alla Stanza fino a fine giugno: il tepee di Lapo Simeoni in memoria del padre Angelo Quattrocchi, esponente della controcultura italiana che fu arrestato nel 1973 negli USA per avere difeso, insieme ad altri, la memoria storica e spirituale delle terre sacre dei Sioux a Wounded Knee. (Per terra, alcune foto degli eventi e alcuni libri che circolavano allora, da “Do it!” alle poesie di Allen Ginsberg e Gary Snyder (per queste ultime, courtesy by Beppe Sebaste .
Sulla parete, il celebre Spiral Jetty (1970) di Robert Smithson, esponente di punta della Land Art, i cui colori puramente divini sono stati colti dal fotografo Gianfranco Gorgoni, il principale testimone della land art in America…
Questo e molto altro vi aspettano con beatitudine e pazienza nella Stanza – Ci Sono Cieli dappertutto a Narni, su appuntamento – stanza@stanza.cloud – o durante il we, sabato e dom. h. 16:00–19:00.
Sentieri che si prestano a essere considerati selvaggi, ma al tempo stesso elevati, inclassificabili, paradossali, psichedelici, irriverenti e spirituali, prossimi all’animalità e al meticciarsi dei generi. Una carrellata di forme di vita che amplia e ridefinisce il senso di ciò che chiamiamo realtà, a partire dai celebri rappresentanti della Land Art – Richard Long, Robert Smithson, Walter De Maria, Michael Heizer, e continuando il cammino con le opere di Andrea Aquilanti, Valentina Coccetti, Selene de Condat, Daniele Delonti, Cristina Falasca, Andrea Fogli, Felice Levini, Stefano Minzi, Lapo Simeoni e, last but not least, il mitico Banksy, il cui ultimo intervento su un muro veneziano affacciato su un canale è stato scoperto e fotogratato dal nostro Lapo Simeoni, e diffuso in poche ore in tutto il mondo.
L’immagine, che rappresenta verosimilmente una bambina profuga con una fiaccola rosa accesa in mano, è stata stampata ed esposta per la prima volta nella Stanza domenica 19 maggio. Le diamo questo titolo – “La bambina che cammina sull’acqua” – perché ci commuove l’idea che proprio a Venezia, terra di accoglienza, Banksy riporti a galla con i profughi (quasi come un ritorno del rimosso), l’assoluta impermanenza di noi tutti.
